Per imparare a scolpire statue o eseguire bassorilievi gli antichi Egizi - apprendisti in botteghe artigiane - utilizzavano dei modelli realizzati su lastre in calcare, ai cui angoli sono presenti bordature e squadri che, assieme alla quadrettatura della quale si intravedono ancora le linee, avevano lo scopo di guidare l’artista nel rispetto delle proporzioni corporee del soggetto da raffigurare.
Il modello in questione rappresenta il busto di un sovrano che indossa la corona ḫprš (kheperesh) ornata con l’urèo 𓆗.
Si tratta di un tipo di copricapo in uso dal Nuovo Regno in avanti e che spesso si trova raffigurato sul capo dei faraoni egizi in scene militari; comunemente chiamata anche “corona blu”, forse realizzata in metallo oppure in pelle, sicuramente veniva utilizzata anche in contesti rituali, in quanto presente anche in scene di incoronazione, di offerta e udienze.
In un interessante articolo contenuto nella “Rivista degli Studi Orientali”, Studi in onore di Claudio Barocas, Volume LXXXV (2013) A. Pompei ha pubblicato uno studio che analizza la doppia natura cosmica - lunare e solare - della corona ḫprš.
Osservando dapprima il duplice colore blu e giallo con i quali spesso tale tipo di corona viene rappresentata, l'Autore ipotizza che il materiale utilizzato per produrla potesse essere l'elettro, una lega naturale di oro e argento proveniente dal deserto orientale e utilizzata fin dall'Antico Regno, il cui colore poteva variare a seconda della percentuale dei due metalli in essa amalgamati, che nella letteratura egizia erano associati rispettivamente al sole e alla luna.
Avvalendosi dell'analisi di alcune fonti testuali nonché materiali, l'elettro, come fusione di oro e argento, assume per l'Autore la valenza intrinseca di unione e unità cosmica.
Portando infine a testimonianza alcuni oggetti nei quali il sovrano, con a capo la corona ḫprš, viene raffigurato fra Thot (dio lunare) e Ra-Harakhte (dio solare), A. Pompei dimostra lo stretto legame che intercorre tra la regalità del sovrano, rappresentata dalla corona, e il compito di garantire - durante il proprio regno - la continuità del ciclo dei due astri e pertanto l'ordine cosmico.
Il pezzo è datato alla XXX Dinastia - inizio dell’Epoca Tolemaica (IV-III sec. a.C.) ed è esposto alla mostra "Sotto il Cielo di Nut. Egitto Divino" presso il Museo Archeologico di Milano.
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